Archivi tag: racconti

13 La sorte

Facebooktwitterby feather

padre e figlia

 

 

Seguito di Roberto

 

Quel nome, letto e riletto più volte nel registro dei clienti, ora aveva un volto, molto somigliante  a quello della ragazza che aveva amato vent’anni prima. Due destini che si incontravano per la prima volta, ma che si conoscevano e cercavano da sempre, con la paura e l’incertezza di quello che sarebbe stato il poi.

Chissà se era tardi  per quel sentimento, che voleva  riparare il troppo male del passato. Pensò che non avrebbe fatto nulla, perché quel sorriso di fanciulla poteva essere turbato da un suo comportamento sbagliato.

Considerava già un grande dono averla potuta conoscere, anche se nascostamente. Il mattino seguente di quella notte rivelatrice, i ragazzi fecero colazione  nella grande sala dell’hotel, prima di recarsi al Liceo col filobus, che passava ogni ora da rue Mont Blanc e si diramava per le vie principali di Parigi.

Il maitre, con discrezione, guardò nel gruppetto di ragazze che  sedute al tavolo accanto alla balconata, erano illuminate dalla luce del giorno, splendente come i loro sorrisi.  Vestite in modo accurato e ben pettinate, con un trucco leggero che risaltava la naturale bellezza. Si avviavano all’uscita, per aspettare il mezzo di trasporto, Roberto si avvicinò per un saluto di circostanza,  ma non poté fare a meno di emozionarsi visibilmente,  davanti alla bella ragazza silenziosa che gli ricambiava gli  sguardi, col rossore che le colorava un po’ le gote scarne.

Roberto cercava di udirne la voce, quel timbro che rinveniva dal passato e lo emozionava ancora. Per togliersi dall’imbarazzo finse un pretesto, chiedendo ai ragazzi se per caso non avessero dimenticato un libro. Fu così vicinissimo ad Ester e gli parse di rivedere Lory. Arrossì, si scusò nel suo accento ormai compromesso  dal francese e fingendo un colpo di tosse si allontanò. Non era affatto pronto a quella sorpresa che la vita gli riservava e col timore di sbagliare ancora, si ripropose fermamente di  avvicinare la ragazza, solo per ”ragioni di servizio”.  Dopo pochi minuti i ragazzi erano già in partenza, presi dai propri pensieri, non si erano di certo accorti dell’atteggiamento del maitre e del rossore di Ester, per loro due invece l’imbarazzo era stato evidente, come lo era la sensazione che si fosse spostata  la bussola delle loro vite.

Quella esperienza di viaggio, tanto desiderata ed attesa, offriva ora ad Ester delle prospettive  mai immaginate, Parigi già magica e sorprendente, le concedeva di conoscere il suo passato e con lui,  una parte di se stessa.

Una Parigi ancora immersa nella nebbia, scorreva attraversata dal filobus che fluttuava  facendo intravedere le viuzze medioevali del centro, accostando la Rive Droit della Senna.

Gli occhi dei ragazzi, catturando le nuove immagini, le spostavano tra i ricordi, che come un album fotografico in movimento, sugellava emozioni irripetibili. Ester guardava quei luoghi dove la modernità compariva, senza  riuscire a distrarre dall’infinito romanticismo Parigino.

Quasi specchiata nell’acqua scura della Senna, rivide in un flash, la foto  ingiallita nell’agenda di mamma. Gli occhi color cobalto, la fierezza di uno sguardo poco più che adolescente, le ciocche disordinate di capelli corvini, spettinate da pensieri ribelli che ora avevano lasciato il posto a una  leggera calvizie e a qualche capello grigio…Ma era lui, quella parte di passato, mai passato veramente…il suo papà. Forte si insinuò in lei il desiderio di scendere, ripercorrere in fretta la strada a ritroso per guardare in faccia a quell’incognita d’affetto che la vita le aveva permesso d’incontrare ma preferì aspettare, per non dover dare spiegazioni.

Sedeva accanto a Luca, che aveva colto la sua irrequietezza, attribuendola al viaggio e alle sue novità.

L’accoglienza ai ragazzi nel liceo francese fu di grande cordialità, prolifica di scambi culturali ma anche di idee, opinioni che avrebbero migliorato la loro evoluzione, rafforzando la consapevolezza che solo la cultura rappresenta da sempre la leva in grado di migliorare il genere umano. In una giornata ricca di eventi Ester e il suo gruppo conobbero  molta gente nuova, tra studenti e insegnanti,. Malgrado ciò, il suo coinvolgimento fu parziale , per una  logica conseguenza del suo incontro mattutino.

Tornarono in hotel, dopo aver cenato ed era già buio. Se attraversare Parigi di giorno era stato meraviglioso a  ripercorrerlo di notte se ne percepiva la magia.

Gli occhi dei ragazzi incantati, dietro ai finestrini appannati del pullman,  brillavano come i  mille lampioni accesi per le vie. La musica stringente e passionaria della  fisarmonica di un artista di strada, conduceva ai vicoli della città peccaminosa e mondana esposta ai forestieri con “impudica” innocenza, lasciando all’immaginario il proseguo della notte.    Brevi  vicoli  sfumavano verso il  centro di una città assonnata, che si lasciava  comprare  dai turisti, senza donarsi realmente, da donna vissuta ma ancora bambina  qual’ era …semplicemente Parigi, gocce di sogno e d’incanto, leggenda.

I ragazzi stanchi e sorridenti, scesero  a fine corsa, visibilmente felici ,di una felicità entusiasta che accomuna i viaggiatori, quando le regalìe del viaggio superano di misura le proprie aspettative. Il portone dell’hotel lasciava intravedere  la hall deserta, che li attendeva per una bevanda calda, prima del riposo notturno.  Il maitre era alla reception, li aspettava per la consegna delle chiavi .

Ester si mise in coda, per rallentare l’incontro e osservare quell’uomo, quindi prendere tempo e osservare quanta parte di sé, in quel viso lontano nel tempo. Fu il suo turno, tirò un profondo sospiro, che non sfuggì a Luca,  che le sorrise e pensò fosse solo stanca, come lo erano tutti. La testa della ragazza era in  stand-by, una sensazione di attesa ma consapevole di aver sempre saputo che un giorno sarebbe successo, che il puzzle si sarebbe ricomposto. Un ultimo passo per avvicinarsi a lui che era stato solo un ombra del passato, ma non ne provava rancore. <Mademoiselle, …o meglio signorina Sabba, prego> le disse gentilmente, porgendo la chiavetta dorata della camera e non riuscì ad  aggiungere altro, poiché incontrò vicinissimi gli occhi profondi della fanciulla, che erano anche i suoi. ..<Ester, sono solo Ester>, disse piano la ragazza emozionandosi.

Fino a quel momento, non era stato certo sul da farsi o sul dire qualcosa che potesse farle del male, non si capacitava di come l’avesse potuto riconoscere. Si sentì spiazzato, nudo nel suo intimo, come un diario segreto aperto davanti ad una piazza gremita e letto a gran voce, colmo  di tenerezze mai dette e bramate e represse…Dopo un lungo istante d’incertezza, completamente in balia dell’emozione rispose: <<Io…Roberto>>,  pronunciò il suo nome come si rivela un segreto, quasi una blasfemia,  avrebbe desiderato esser lontano in un’altra sala e forse ancora giù nella miniera, per l’imbarazzo…

Leggendo il cedimento, la ragazza continuò: <<Ester, quella che non avresti mai voluto incontrare, mentre io ti ho aspettato e cercato sempre, nel viso dolorante della mamma, in quella tristezza che ha bisogno di ragioni e risposte….>>

Roberto provò il disagio di un tempo….si allontanò per riordinare i pensieri che si erano rifugiati nel seno della sofferenza più remota e presente al contempo. In fondo era sempre stato così, l’estrema emotività gli impediva di esprimersi davanti a situazioni complesse, dalle quali cercava la via di fuga, l’unica che gli apparisse percorribile. Così ora avrebbe preferito fuggire, gettare il fardello di sentimenti e sparire, tornare nel pozzo della miniera, come un animale braccato da i suoi stessi errori…Oppure  partire…<<perché andare lontano.. è un po’ uguale a morire…>>.quella canzone italianissima di Dalla, gli ritornava alla mente, specie quando la nostalgia lo rendeva estremamente vulnerabile. Emergevano tutti i suoi limiti e le contraddizioni,  gli era sempre risultato difficile, condividere i propri sentimenti, cercare di risolvere le inevitabili difficoltà, permettendo  a questo lato irrisolto del carattere di tracciargli il percorso esistenziale.

Ester doveva capire e intuì che quell’allontanarsi non era abbandono bensì pudore di mostrare le proprie fragilità.  Lo seguì istintivamente, come un cucciolo.. come aveva fatto tante volte con la madre, senza orgoglio né rancore, seguendo l’unico sentimento che la sosteneva.. l’amore filiale. Inaspettata era giunta l’ora della verità, sentiva forte il diritto e la forza sacrosanta della necessità di sapere, per comprendere, perdonare e magari risanare l’elisione sorda che le aveva tormentato la vita.

Aveva ritrovato, inaspettato, il pezzo di puzzle che mancava tra i frammenti dolorosi  di vite scomposte e di gioie incomplete.  Con gli occhi ormai lucidi Ester lo seguì, lo fermò: << Non puoi andartene…, aiutami a capirti…>>.

Le difese di Roberto erano  annullate  e a quegli occhi di ragazza, seppe solo rispondere : <Capiremo insieme…>>.

Quel viaggio aveva significativamente spostato il baricentro nella vita di  Ester, che raccontò ogni cosa a Luca, il quale aveva intuito e si era  allontanato in silenzio…aspettando che fosse lei  a parlarne, nel momento e nel modo che sarebbe stato più opportuno…

Poi, accolse tutta l’angoscia e l’estrema delicatezza dell’accadimento e la sostenne con l’amore che poteva e di cui la ragazza aveva assolutamente bisogno.

Ora che aveva conosciuto il padre, ne percepiva ancor più l’assenza, l’entità immaginata e inespressa, aveva un volto che sentiva appartenerle, ma l’angosciava il dubbio di parlarne alla mamma, rompendo equilibri debolissimi.  Mentre il treno correva lungo i sentieri del ritorno, Luca seppe consigliarla e poi la stupì…chiedendola in sposa. <<Voglio starti accanto per sempre…non potrei vivere senza te…>> Era così anche per lei…era semplicemente l’amore, che si prendeva i suoi spazi, in modo semplice e scontato ma autentico: quello che ti chiede di consegnargli la vita.

Lory ed Anna aspettavano il ritorno di un treno che portava un carico incommensurabile di novità. Non sospettavano minimamente quali nuove arrivassero di ritorno, assieme alla locomotiva.. immaginavano già il sorriso di Ester, il suo entusiasmo nel raccontare tutti i dettagli del viaggio, con entusiasmo, coinvolgendole come sempre.

Le rotaie stridevano…un visino affacciato al finestrino  finalmente apparve, scompigliando pensieri, desideroso di abbracci e baci. Parole sorrisi e poi ancora  parole, accompagnarono il ritorno al casale. Lo stesso giorno Anna fu la prima a conoscere le confidenze di Ester, che si affidò ai consigli della sua zia preferita, che sempre l’aveva sostenuta e l’amava come una seconda madre…L’avrebbe aiutata, come sempre.

Nel pomeriggio, intanto che Lory  si prendeva  cura del roseto con consueta  precisione, Anna cercò nel cassetto del comodino la busta gialla e la portò ad Ester: <questa, dovrai farla avere a Roberto , non è necessario che la apra.. .è una raccomandata di cui dovrà solo leggere la data…avrà la spiegazione della visita misteriosa di quel giorno che lui sa>. Ester lesse anche lei…”17 febbraio “di vent’anni prima, ma non riusciva a comprendere, neppure come mai non fosse stata neppure aperta.     Anna raccontò:<<Il ragazzo della posta, aveva portato quella lettera raccomandata,  quel freddo pomeriggio d’inverno….Lory aveva firmato la ricevuta e come era solita aveva cercato  qualche spicciolo da dare al portatore>>…un episodio banale, che altro aggiungere…Ester continuava a non capire cercando di cogliere nelle parole di Anna un significato che la illuminasse…Anna continuò:<<non ne capisco nulla neanch’io, né allora, né adesso!…quella busta , qualunque notizia contenesse non fu mai aperta da tua madre…e la sua allegria finiva quel giorno>>.   Ester sentì la curiosità di aprire finalmente la missiva, qualunque cosa contenesse era l ‘ora di conoscere. Anna esitò, ma alla fine seppero che quella era la convocazione di un’importante casa editrice che offriva a Lory un contratto da articolista, per una rubrica prestigiosa.

Una proposta che invece era rimasta ad avvizzire come pianta secca, sepolta in un cassetto dell’indifferenza.

Quello fu il passato. Il futuro ora erano Ester e Luca, che avevano annunciato il loro desiderio di  essere sposi all’inizio di quella stessa estate. La vita andava avanti, su percorsi nuovi, tracciati dal dolore di un passato irrisolto, che si ostinava a riemergere, per scelta del destino.

Ester parlò a Lory e ad Anna, del suo desiderio di nozze con Luca, temeva reazioni spiacevoli ma la madre accolse con gioia la decisione, senza riserve mentali con cuore colmo di felicità, che come un raggio potente di sole illuminò d’arcobaleno la casa colonica.

Lory era ancora molto bella, i pensieri tristi erano passati tra le pieghe della sua fronte troppe e troppe volte,  per non lasciarne traccia, ma il tempo delle malinconie, sembrava ormai tramontato, una gioia nuova le rendeva speranze di serenità e assieme ad Anna, si prepararono al nuovo evento nuziale.

Ester continuò a sentire Roberto, tutti i giorni, tenendolo al corrente di ogni novità e dettaglio, sulla propria vita  e progetti futuri,  ma senza mai parlare della madre e senza che lui  glielo chiedesse.  I dubbi e i segreti del passato, Roberto li aveva conosciuti e ne sentiva il peso. I falsi preconcetti e la stupida gelosia che ora apparivano insignificanti, erano stati fortemente deleteri, ma ora, seppur dopo tanti anni, una forza inconscia lo portava a voler chiedere perdono a farsi comprendere e a comprendere lui stesso, come l’infelicità delle loro esistenze, era dipesa da una beffa del destino che aveva giocato con la sua immaturità e il finto orgoglio da piccolo uomo qual era stato.

Bella, nel suo abito bianco d’organza leggera, il punto vita, stretto da un fiocco di raso, in un modello elegante che seguiva la linea morbida dei boccioli di rosa. I capelli raccolti in un vortice dorato, che lasciava ricadere un po’ a caso morbidi riccioli, sulle spalle bianche, velate da una stola di tulle , che lasciava nude le braccia sottili mentre le mani tremanti e sudate stringevano delicatamente tra le dita un delicato bouquet di roselline avorio e un segreto.

Lory,  nel   tailleur  color cipria, sembrava la damigella della sposa, il suo aspetto era finalmente sereno, di felicità riflessa e autentica. Si scambiavano sorrisi, con Anna, amica immancabile, complice e coregista, della stessa gioia…Con cura minuziosa, aveva curato, tutti i preparativi dell’evento, facendo sì che fosse sobrio ed elegante. Prima di uscire, per recarsi in chiesa, si abbracciarono, madre e figlia, Anna fece un passo in dietro, le sembrava un sogno, vederle felici…

ed esserlo lei insieme, come se per certe creature la felicità non fosse che una concessione piena di strade traverse.

Arrivò l’auto a noleggio, l’autista trovò due donne, visibilmente commosse.

Anche i gatti annusavano la gioia di una giornata speciale, si strusciavano sereni sul tronco dei cipressi, le cui chiome riscaldate dal sole, profumavano di clorofilla. ..o era il profumo della felicità, che sancisce ed inebria un giorno di festa.

 

Segue  Epilogosposa_980x571

 

 

Facebooktwitterby feather