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6 Anna

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Seguito di Prigione

 

Affrontò con forza la nuova situazione e poi c’era Anna che le faceva vedere il verso positivo, che l’aiutava a ritrovare la serenità, accanto a quella piccina che riposava tranquilla, nella culla ovattata di raso e fiocchi. Guardando dormire il suo angioletto, la neo mamma si diceva: ‘Farò del mio meglio per darti tutta la serenità di cui hai bisogno, ti regalerò un sorriso per ogni mia tristezza, cercherò di donare luce alla tua vita, come tu l’hai donata alla mia’. Le bisbigliava per ore  parole dolci e pensieri profondi, intimi, segreti, tra madre e figlia. Anna fu felice dei progressi di Lory, e tacitamente sentì  di doverla affiancare per farle da supporto. Fu una seconda madre per la piccola Ester, si sostituiva senza clamore a Lory quando ne coglieva la stanchezza, e il suo aiuto fraterno e amicale, gratuito e disinteressato, contribuì a donare  alla  famigliola molti momenti di serenità.

Anna conosceva bene il patimento per l’assenza della figura materna, non ricordava nulla della madre e il ricordo del padre era quello di un uomo perennemente malato. Era cresciuta con la sorella maggiore Alba, una ragazza di  vent’anni alta e vigorosa, che dovendo lavorare per mantenere la famiglia, l’aveva dovuta affidare, suo malgrado, a genitori occasionali, in un tempo dove non c’erano “bambinaie” che accudissero gli orfani delle famiglie povere. Vicini di casa, o parenti più o meno affettuosi, erano chiamati a supplire ai genitori per una legge non scritta di reciprocità. Il giorno che il padre morì, fu trasferita come una bambola da una zia  paterna, dove si sentì veramente “sopportata”. Come un cucciolo di cagna, ritrovato e graziato, le veniva dato il cibo e con compassionevole ipocrisia le si rinfacciavano i vestitini dimessi delle due cugine Viviana e Lina che alternavano, alla benevolenza, dispetti e cattiverie. Lory era spesso a casa della zia di Anna, per giocare con Lina, sua compagna di scuola e di banco, che metteva Anna in cattiva luce, non la coinvolgeva nei giochi. Lory accorgendosene guardava quella bambina e  leggeva nei suoi occhi tristi il desiderio di esserle amica .

Lina si rivelò bugiarda e invidiosa e Lory interruppe la sua amicizia, che forse non c’era mai stata. Per tutti la colpa fu di Anna e in casa le resero la quotidianità ancora più difficile tanto da costringerla ad andar via. Fu Lory ad offrirle un appoggio morale e ad accoglierla in casa sua, poiché nel frattempo anche Alba si era ammalata in modo grave ed irreversibile. Ricoverata in ospedale e non potendo più pagare la pigione, erano state con  cortesia invitate a cercare un altro alloggio.

Anna cominciò il suo corso per diventare infermiera e contemporaneamente assistere la sorella. Entrambe erano ragazze provate dalle avversità, cresciute in fretta, con grande senso del dovere e spirito di abnegazione. Lory fu un’ancora di salvezza per Anna, che le sarebbe stata riconoscente per tutta la vita.

Trascorsero l’adolescenza come vere sorelle, condividendo ogni pensiero, senza potere né voler nascondere nulla della propria interiorità. Le difficoltà, i successi, le risate e il pianto, tutto era condiviso, persino il raffreddore. Si rispettavano e si stimavano, in un’amicizia unica, che compensava le sfortune che la vita aveva riservato ad entrambe.

In seguito alla storia di Roberto, Anna, che si era allontanata con la sua personalissima discrezione, era tornata prontamente accanto all’amica, come sempre, quella di sempre.

La casa colonica era immersa nel silenzio di una pace apparente. Lory sul suo divanetto ed Ester, sveglia nella culletta, aspettava il suo latte e una carezza. Anna, sveglia da un po’, sfaccendava in cucina, preparando la colazione, prima di recarsi al lavoro. Ester guardava la stanza, attraverso le barrette colorate della sua culla, e la sua mamma le appariva come una grande bambola di porcellana, tanto bella e al contempo fragile. Ester guardava la mamma  e nella sua piccola testa c’erano già pensieri complicati, che la sua giovane età non sapeva  o poteva comprendere certamente. Avrebbe voluto essere presa in braccio  e coccolata, era la sua necessità primaria, perciò prendeva  Toby , il peluche, che la chiamava e voleva essere preso in braccio a sua volta, Ester lo abbracciava e si riaddormentavano, ritrovandosi in un mondo bambino, pieno di bimbi e peluche, dalle pupille vitree e tenere come quelle di Toby.

Lì nella casa si faceva colazione relativamente ai turni di lavoro di Anna, ossia prestissimo quando le toccava fare il turno diurno e alle otto in punto, quando era di ritorno dal notturno. Quando invece era Lory a preparare la colazione poteva essere anche mezzogiorno, tanto lei non dava importanza al tempo. Anna  cercava  di tenere orari regolari, spadellava la colazione con allegria, il profumo del latte e l’aroma delizioso del caffè si espandevano per le stanze. Apparecchiava il tavolo portandovi in vassoio piccoli biscotti al burro di vaniglia e cacao che assieme al suo sorriso, diffondevano il buonumore.

Erano questi piccoli gesti quotidiani che sostenevano Lory, che illuminavano il volto di Ester facendole tendere subito le  braccine verso Anna, e tutto era sereno, perché spesso è la semplicità che scioglie i nodi delle fisime distruttive. Lory, senza il suo sostegno, sarebbe sicuramente diventata anoressica. Ester, crescendo, prendeva consapevolezza della stranezza del comportamento della madre e chiedeva ad Anna qualche spiegazione ai propri dubbi, ma lei le raccomandava solamente di volerle bene ed essere certa che anche la madre gliene volesse tantissimo e che  amore, perdono, comprensione fossero nella vita  priorità assolute.

Certo, per Ester non era facile comprendere perché nel suo rapporto con la madre, a volte i ruoli  erano invertiti, come in un mondo alla rovescia; col passare del tempo, la bambina prendeva consapevolezza della fragilità della sua mamma, ne assimilava le sofferenze e nel suo piccolo cercava di alleviarle, in un rapporto paradossalmente inverso, ma che, con l’affetto e la naturale spontaneità , veniva costruito giorno per giorno. Alla piccola risultava naturale prendersi cura della madre in assenza di Anna.

bimbascuolaIl percorso di Lory rimaneva difficile, periodi bui che non le permettevano di essere serena come avrebbe voluto e nei quali non riusciva a reagire al silenzioso tormento dell’anima, che come cristallo fragile attraversato dalla piena di un torrente, veniva consumata e lentamente sopraffatta. Il grigiore invernale si rifletteva sulle mura della casa colonica mostrandola più desolata. Le piante sbattute dal vento gelido sembravano anime in agonia. I rami degli alberi, trattenute  a stento le ultime foglie sbiadite e accartocciate, erano nuovamente spogli. Era quel periodo in cui il grigio delle giornate e il canto graffiante del vento fanno sentire tutta la lontananza dalla bella stagione, che temi possa non tornare mai più. Il dicembre però custodiva il Natale, il quinto per la piccola Ester, che con la sua grazia e le allegre risate rompeva tutto il gelo di stagione, così come un po’ di sole  trovava spazio tra le  fitte matasse di nubi, e si annunciava bucando le fessure delle persiane bagnate di brina, riscaldando col suo tepore il gelo mattutino.

C’erano giorni in cui, rincasando, Anna trovava Lory sulla sua solita poltrona, con i battenti delle persiane semichiusi, la guardava in silenzio, sapendola sveglia e sofferente e aspettando che fosse lei a darle voce, poi guardava dolcemente Ester, che nella sua culla la aspettava per la colazione. Lory avvertiva  la presenza di Anna, si rincuorava, trovava la forza per iniziare normalmente la giornata e per non radicarsi in quell’inezia, che sembrava imprigionarla con un lucchetto invisibile.

Anna si sentiva gratificata, quando Lory le manifestava la sua riconoscenza, per la forza d’animo di cui necessitava per andare avanti nel migliore dei modi, dando serenità anche alla piccola Ester. Certo gli sbalzi di umore di Lory, anche se rari, non facevano bene alla piccina, ma la presenza costante di Anna, che interveniva con tatto e discrezione era fondamentale. Altrettanto lo era l’amore materno che, anche se malato, compensava alle negatività con i momenti  sereni e intimi, risanando il cuore di madre e figlia, curandone le ferite incancrenite dell’anima.

I cinque anni dalla nascita di Ester erano trascorsi di corsa, gli eventi sembrava si ripetessero come se nulla sarebbe mai potuto cambiare. Invece tra pochi mesi, Ester sarebbe andata a scuola e  tale accadimento avrebbe modificato la vita e le abitudini domestiche e non solo.

Anna preparava Lory al distacco, facendole presente quanto fosse necessario per Ester, cambiare ambiente, per poter giocare con bambine della sua età, che non fossero solo bambole o gattini. Anna le  faceva riflettere di quanto fosse necessaria l’attività didattica per la piccina. E poi per troppo tempo Ester era rimasta lì, in quella casa solo con loro due, che le davano tutto l’amore possibile oltre al conforto necessario a supplire  una figura paterna mancante, ma non potevano sostituirsi ai giochi “bambineschi”-

di cui la piccola Ester non conosceva l’ebbrezza. Lory aveva ancora nitido nella memoria il ricordo scolastico, legato alla fase migliore della sua vita, certo non voleva scientemente negarlo alla sua piccola, desiderava darle le stesse opportunità di cui ogni bambino ha diritto, ma purtroppo ansie, preoccupazioni e timori, sicuramente comuni ad ogni madre, a lei tornavano  nel pensiero, ingigantiti e appesantiti da irragionevoli paure. Il distacco quotidiano le premeva sul cuore, assieme all’ansia che nelle ore di assenza potesse accaderle qualcosa di spiacevole a sua insaputa; questi e tanti altri piccoli timori, le offuscavano la ragionevolezza, impedendole di vederne i limiti.

Non c’era giorno in cui  Anna e Lory, non discutessero di questa incombenza, che sebbene scontata nella sua logica, continuava a creare insicurezza nella  povera Lory, che avrebbe voluto rimandare quell’evento, sembrava strano che proprio lei che aveva amato la scuola e da questa aveva ricevuto le più soddisfacenti gratificazioni della sua adolescenza, ripensando alle quali ritrovava conforto, ora ne provasse timore.

Come in un brutto incubo,  Anna fu costretta a paventarle la possibilità che un’omissione in tal senso, avrebbe potuto significare l’intervento dei nonni paterni, che sarebbero ricorsi (“per il bene della piccola”) all’assistente sociale, con tutte le inevitabili spiacevoli conseguenze.

Il pensiero di questa non improbabile possibilità, faceva ammutolire Lory, che in quei dubbi non si riconosceva e si straniva, per avere incertezze, avvertendosi  inadeguata al ruolo materno.

Comprendeva che quelli che erano i suoi limiti, non potevano e non dovevano rappresentare dei paletti per la crescita di Ester. Di conseguenza nei giorni seguenti, cominciò a dialogare con la sua piccola dell’argomento “scuola”, preparandola al distacco e alle novità della nuova esperienza, sapendo bene che ciò le serviva come autoconvincimento. Anche questa  volta, l’intervento di Anna era stato risolutivo, aveva saputo toccare i tasti giusti che inducevano l’amica a prendere le decisioni più opportune.

Lory, ricordò di molti anni prima, quando una sua compagna delle elementari, era stata separata dalla famiglia a causa di un rapporto conflittuale dei genitori. …Aveva ancora impresso nella memoria quel volto di mamma in pena, che ogni giorno si recava davanti alla scuola per vedere la figlia per pochi istanti, come una ladra, nascosta per non farsi vedere e senza poterla avvicinare….;era una delle cose più tristi e inspiegabili che potessero accadere. Quello che si sapeva di quella situazione  famigliare  era che i figli  risultavano aggressivi a causa del continuo stato di ubriachezza della donna, nessuno sapeva se ciò fosse vero, se così fosse perché lo facesse, certo era che quella sua piccola compagna dopo la separazione dalla madre, si era chiusa in se stessa e non voleva più frequentare la scuola per la vergogna e per il vocio maligno della gente: Lory un giorno aveva trovato Claretta in bagno che piangeva, e le aveva confidato che desiderava riabbracciare la sua mamma,  però  nessuno le dava retta e lei era disperata e avrebbe voluto morire.

Lory  era convinta che un distacco famigliare, rappresentasse una violenza psicologica, che poteva procurare danni  peggiori a quel nucleo  che seppur problematico, era una famiglia da sostenere per mantenere insieme, più che da dividere.

Lory pensava che sarebbe stato più giusto che un parente, un amico, una figura professionale, affiancasse quei genitori, per aiutarli nel proprio ruolo e consigliarli  in modo adeguato; era certa che il loro intervento avrebbe potuto sortire effetti sicuramente migliori della separazione poiché quel taglio cruento dei legami più intimi, non poteva che  peggiorarne le problematiche e causare nuovo dolore.

Lory, la cui eccessiva sensibilità  era anche il motivo principale del  disagio della sua alienazione dal reale, aveva un indole dolcissima che non conosceva aggressività, ma il  carattere arrendevole la portava a chiudersi, ad estraniarsi dalla realtà, a perdere la concentrazione e ad inciampare nei pensieri e nelle preoccupazioni. Era consapevole che il suo  perdersi nel labirinto della mente fosse molto dannoso per la sua piccola e le procurasse una sofferenza che si proponeva di evitarle, con tutta la forza del  suo amore di mamma. Era certa che la propria presenza anche se imperfetta fosse tanto importante, quanto insostituibile spesso ripeteva a se stessa: ‘Crescere accanto alla propria madre è condizione indispensabile per la serenità dei figli, come per la piantina che si fortifica accanto alla pianta madre’.

Ester, infatti, era diventata un bocciolo bellissimo e profumato, cresceva accanto a  quella rosa insidiata da piccole spine che era  la sua mamma, ma a separarle sarebbero avvizzite entrambe.

Come in un brutto  incubo, Lory risentiva ad uno ad uno tutti i brividi di quel ricovero coatto, che fortunatamente Ester piccolissima non poteva ricordare, almeno così sperava, ma alle volte il distacco dalla pianta, del germoglio tenerissimo, può essere deleterio sebbene inconscio. Quando le tornava alla mente tutto il caos di quei giorni, la faceva tremare e si riprometteva: ‘Sarò forte per te piccina, la mia vita non mi appartiene e per me avrà un senso solo se saprò darti serenità, tutta quella di cui hai diritto e anche di più’. Così in quella casa ogni giorno si rinnovava il piccolo miracolo dell’amore  di una madre che, anche se malato, ha nel suo stesso essere e sa esprimere e trasmettere, momenti di felicità preziosa e rara, che riesce  a superare le infelicità oggettive, poiché tale amore ricuce ogni strappo, risanando le ferite del cuore.

Ester cresceva sensibile e affettuosa, facendosi voler bene ogni giorno di più, era forse troppo silenziosa per una bimba della sua età, ma lei si sentiva “grande “, gli strilli e i capricci non le appartenevano.

Anna poi le aveva parlato tanto della scuola e non aspettava altro che di poterci andare, si era fatta un’idea di cosa fosse, ma era comunque una novità piena di incognite, il primo allontanamento dal “nido” e dalla sua mammina, e quest’ultimo motivo preoccupava entrambe. Per fortuna c’era Anna a pianificare l'”evento”, facendolo apparire  semplice e naturale, come in realtà lo era .

Bambine-giocano-con-gli-smaltiLe ultime settimane di vacanza erano rallegrate dalle meravigliose colazioni di Anna, al tepore del sole settembrino, sulla veranda, tra le rose sbocciate assieme ai fiori di campo stesi a macchie colorate sui prati di fronte. Anna versava il latte caldo di Ester, in una grande tazza color avorio con i bordini dorati  e la stampa di un bel ranocchio colorato, un bricco da caffè fumante e odoroso era  pronto sul tavolino tondo vestito di ricami e merletti accanto ad uno scatolo di latta che conservava fragranti i biscotti di varie forme, profumati di cannella e vaniglia.

Anna riuniva la famigliola per la colazione, il rituale diveniva una piccola festa ogni volta a sorpresa, fatta di semplicità e amicizia pura, conforto per Lory. In quei momenti sereni di gioia domestica si poteva leggere nel suo sguardo la più devota riconoscenza verso Anna.

Tutte e tre avrebbero voluto che quella serenità, fatta  veramente di semplici gesti, non dovesse mai aver fine, e forse l’eternità era il gusto di quella colazione, di quei profumi , che donavano il sereno a chi lo viveva  come un miracolo. E Lory era un vero miracolo, quando sorrideva, bellissima e spettinata, con le forcine tra i capelli, che le trattenevano a stento dei riccioli improbabili e ribelli, simili a quei suoi pensieri un po’ straniti. Come una diva “svampita” (senza neppure saperlo di essere), trascorreva giornate tutte uguali, in una routine non facile, poiché la vita di per sé non lo è giammai, ma lo diviene ancor di più nel disagio mentale, che  dà il tormento, intaccando  persino gli affetti più cari, contaminando la bellezza del viso che si svuota e si spegne, tanto che Lory non sapeva più neppure di essere bella.

Quando erano assieme però, era un’altra storia, unite si sentivano più forti  e sicuramente lo erano, perché legate da una splendida e rara amicizia, che come un balsamo alleviava  le malinconie. “Vorrei stare sempre con voi, col sole, con Toby, con tutto questo” ripeteva allegra Ester allargando le braccine ad accoglierlo quel suo piccolo mondo, “Piccolina, …” la accarezzava la madre, “Anch’io vorrei che fosse così per sempre, ma non si può, tu ed Anna siete tutta la mia forza, il sole che voglio vedere al risveglio e gli occhi che voglio salutare prima di addormentarmi, starei così per sempre anch’io, se solo ciò fosse  possibile.” “Certamente, anch’io” si univa Anna. “Ma poi la colazione chi la preparerebbe? Magari ingaggiando qualche servitore, oppure avete nominato me, come cuoca per il resto dei miei giorni?…”Risero, e la conversazione cambiò di tono, poiché Anna sapeva con estrema semplicità trasformare le malinconie di Lory, risolvere quelle piccole situazioni che lei spesso amplificava, facendole apparire più complicate di quanto non lo fossero in realtà.

Così come era diventato un problema l’ingresso scolastico di Ester: un conflitto di ipotesi, che si alternavano a rassicurazioni, che generavano infinite discussioni, sempre più frequenti, man mano che il tempo si accorciava. Anna ripeteva continuamente all’amica: “Vedrai che dopo i primi giorni, diventerà routine, ti ci abituerai…” Ma il pensiero ricorrente di Lory, quello che più la preoccupava, era che potesse accadere “qualcosa “di spiacevole alla sua piccina.

Anna le ripeteva che quei pensieri non avrebbero giovato a nessuno, doveva cercare di liberarsene, cercò così di coinvolgerla nei preparativi per il grande evento, decise nel suo giorno libero di accompagnare entrambe a fare gli acquisti scolastici e non solo, un po’ di spese folli, di accessori belli anche se inutili,  quelli che piacciono tanto al genere femminile di ogni età. La sua proposta trovò subito l’entusiasmo di Ester, ma Lory rifiutò l’invito, accusando subito un gran mal di testa. Non volle uscire dalla sua prigione autogestita, ogni tentativo di farle cambiare idea fu  vano ancora una volta veniva sopraffatta dalle sue fisime. Finse però di essere serena, per non spegnere l’entusiasmo di Ester, che batteva le manine con allegria.

Preparò la piccola per l’uscita, pettinandola, come faceva ogni mattina in modo accurato sistemandole ciocca a ciocca , ciascun ricciolo e accarezzandole la testolina, per dimostrarle  affetto, qualora il pettine le arrecasse un po’ di dolore, inciampando in qualche insidioso nodo; per questa ragione, intingeva i polpastrelli, in un olio profumato, che aveva ricavato da alcuni gerani che teneva  a rallegrare i davanzali marmorei delle finestre, l’olio scioglieva efficacemente i nodi, in maniera indolore, senza spezzare i capelli. Era quasi un rituale sacro ,una dimostrazione d’affetto, una carezza dell’anima. Lory conservava come reliquie, tutti i capelli rimasti attaccati al pettine, li raccoglieva poi in un vecchio cuscino di lino, che riponeva nell’armadio, come si fa con un abito prezioso.

Nastri di raso e di organza trasparente, ornavano qualche ciocca dei bellissimi capelli di Ester e al termine della toeletta, la piccina sembrava pronta per un provino  di cinecittà, nel ruolo di “Alice nel paese delle meraviglie”. Indossati infine il cappottino di panno rosso e le scarpette dello stesso colore, Ester era pronta per uscire con la zia Anna e la sua auto “art- decò”, ben pulita ma un po’ scassata.

Lory invece, continuò a fingere serenità, pettinandosi lei stessa con insolita attenzione, le invitò a far compere, mentre lei avrebbe preparato il pranzo. Fu un giorno  di quasi normalità: una madre che prepara il pranzo, una bimba che fa compere con “la zia del cuore”. Forse quell’autunno pieno di novità avrebbe segnato una svolta importante, perché la scuola con i suoi ritmi, i suoi nuovi incontri, il suo profumo  di libri e quaderni, non avrebbe potuto portare che  benefici. Lory sapeva bene che la cultura è novità in positivo, sempre. Così sperava Lory, ne era certa Anna, sicuramente  era la soluzione migliore per la piccola Ester.

Lory, combattuta tra ragionevolezza ed ansia, seppe però tranquillizzare la piccola coll’abbraccio e un bacio sulla testolina riccioluta, rivolse un sorriso ad Anna che, presa la piccola per mano, si allontanò dal casale con la piccola auto rumorosa. Lory le seguì con lo sguardo e provò tristezza. Aver vissuto un abbandono le era costato l’angoscia per ogni allontanamento, seppur breve. Sapeva comunque quanto fosse necessario dover combattere quei malesseri che non le permettevano di vivere con serenità.

Si meravigliava che l’ostacolo di quel periodo fosse rappresentato dalla scuola, l’elemento che aveva donato alla sua vita le maggiori gioie e gratificazioni, ne erano legati i più bei ricordi, le esperienze di amicizia e crescita che a ripensarle soltanto, le davano conforto. Non riusciva perciò  a spiegarsi cosa le facesse vedere tutto in negativo, credeva forse che lo studio le avrebbe portato via i pensieri limpidi della sua piccina, che ora le erano palesi, che sarebbero sicuramente cambiati, come anche gli interessi, gli affetti e i sogni…’Questo accadrà’ pensò, e fu di nuovo in balia di una malinconica preoccupazione. Rientrò nella sua stanza per rifugiarsi nella penombra che le dava protezione. Uno squarcio di luce solare sottile e iridescente, filtrò la tenda leggera. Lory, spostandola, guardò oltre ad essa, le sue piante di rosa, piccole figlie anch’esse, mute testimoni della sua tristezza, piene di amore, racchiuso nei loro meravigliosi bocci, canto silenzioso della natura. La invitarono ad uscire. Ebbe voglia di libertà, di respirare l’aria profumata di quel mattino, aggraziata dall’aroma delicato delle sue rose. Con un piccolo abbeveratoio di latta cromata, dissetò  le sue piante, le accarezzò una ad una con gli occhi, e i dispiaceri si allontanarono per un po’. Lory, amandole , si sentiva  confortata e ricambiata da esse, nella natura trovava una sintonia indefinita ma reale , che si affinava perfettamente con la sua anima.

In un cassetto del comodino teneva riposto un testo sacro, una Bibbia, regalo della Prima Comunione, tra le pagine ingiallite, ricche di saggezza e timore per l’insoluto, ma pure conforto nella fede di chi vuol credere, ivi  erano conservati, tra le preziose pieghe, i primi bocci delicati di ciascun roseto, le preziose primizie di ciascuna delle cinque varietà di rosa, che conservavano ancora un po’ della propria essenza odorosa.

Una busta gialla fungeva da segnalibro, era ancora chiusa, era quella che, il giorno della fuga di Roberto, il postino aveva fatto recapitare a Lory, era rimasta chiusa, poiché nessuna notizia le sarebbe mai potuta importare, dopo di lui, tutta la vita sarebbe stata dedicata solo ad Ester. Tornò, per associazione di idee, il pensiero della scuola, la consapevolezza di dover aprire alla figlia tutte le opportunità che  le spettavano, dal suo recinto di preoccupazioni si schiuse il varco della speranza, l’egoismo dei suoi timori, si annullava nel diritto allo studio, che appartiene ad ogni bambino.

Ridiscesa in cucina, iniziò a preparare il pranzo, il tempo trascorse più in fretta, il suo sguardo rivolto alla finestra  si illuminò alla vista della macchinetta colorata che le riportava a casa i suoi affetti, Anna ed Ester. Era passato mezzogiorno, quando i due visi sorridenti aprirono la porta, piene di acquisti scolastici, un po’ di spesa e qualche regalo per Lory.

Fu l’inevitabile inizio di una nuova quotidianità, che avrebbe cambiato le abitudini di tutti, apportando aria nuova nella casa e nei suoi inquilini. Dopo pranzo, Anna tornò al suo lavoro in ospedale, molto più sollevata, un primo passo era stato fatto, il cambiamento sarebbe stato lento, ma positivo. Nel pomeriggio, Ester raccontò alla madre ogni particolare di quella mattinata trasmettendole tutta la gioia di quella normalità, che le alleggeriva il cuore.

 

bimbasegue con Scuola

 

 

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