E’ stato bello
lasciarti limare le corde della mia chitarra
vederti scorrere tra le dita le mie parole
che hai sentito tue, come ai tempi in cui credevi
all’intima fusione del cuore.
Salvifico quel sentirti gioire delle mie idee
e ridere sfacciatamente delle mie contraddizioni.
E’ stato bello sentirti in ascolto
come di una eco bizzarra
che urla canzoni d’amore dalle dolomiti al lago.
Provare la curiosità del dubbio
rimasto tale, immutato
cercando di rispondere ad ogni piega dell’irrisolto
al rebus eterno della mia faccia
e d’ogni sua nuova espressione.
Bello riconoscerti tra la folla oziosa
e le sue mille vanità
o tra manifestanti sul sentiero di guerra
e tra innamorati dal cuore in tilt.
E’ stato bello bello
finché è durato.
Finché (ed ancora non ho una spiegazione)
le parole magnifiche che volevo dirti
son rimaste incollate al bordo più interno del palato
e quelle peggiori, mi son sfuggite
volate via
come corvi sulla tua faccia.
Erano vere entrambe,
ma nessuna è valsa l’amarezza
la tua
la mia.
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