Il fallimento di molti rapporti di coppia, dove si definisce volgarmente amore quello che non è altri che capriccio ed insulsa sete di possesso per ciò che non si ha, salvo poi buttarlo nello scaffale delle cose usate, annientando chi ci ama, consapevoli della bontà e della generosità del sentimento nutrito. Da qui, un’infelicità deprimente e indotta, dietro la quale c’è sempre un gran groviglio di persone, fatti dolorosi di situazioni incomprensibili e a loro modo incomprese.
Seppelliti maldestramente gli errori che avremmo voluto evitare, le scemate del dire, nell’impeto di rabbia e rancore, verso chi ci ha deluso o banalmente non avremmo mai voluto o dovuto incontrare.
Niente più ci avvicinerà al volo d’angelo o ai finti santi dai sorrisi cherubini, di cui ci assale la nostalgia nelle vigilie di feste ancestrali.
Trasportiamo così la vita al di là del reale, nella sub verità costruita ad arte, in un nucleo immaginato ed empirico, che serve da rifugio per le menti in perenne viaggio alla ricerca della quiete, della serenità che la coscienza dona solo e per contro a chi è perverso, a chi non conosce rimorso, a chi di coscienza è monco, per scelta o per innata indole.
Ma si nasce e si vive percorrendo con ferma imprecisione
i sentieri di altri, di cui portiamo i segni
pur inconsapevolmente, la nostra peculiare ricerca dell’essere diversi, migliori, capaci di sentimenti sinceri,
si forgia nelle intenzioni e si scioglie nel magma del conformismo, dove anche un folle può apparire normale
e dove la normalità da sempre è un concetto astratto, in un raccordo di banalità condivise, platealmente accettate e, non mai sicuramente un dogma.