Qualora Dio non esistesse,
come lo chiamo questo desiderio di lui
come spiego l’esistenza dell’anima
nell’animale che è in me?
Il bisogno di un bene in un amore
che sconfina dalle normali
attitudini al piacere
e lo sublima?
Chiamo a rapporto ogni conoscenza
e bellezza
e tutto mi riporta a qualcosa di più
elevato di ogni altra possibile cognizione
e nel tutto apocrifo del vuoto di risposte
confluisce infinito ed indefinibile
una presenza.
Informe
forza e leggerezza insieme
serenità e terrificante vertigine
un complesso di odori, sapori
che respiro, amo, odio perfino.
Perplessità
(arrivo ad odiare
chi non conosce gratitudine e tolleranza
chi sfrutta, annienta e discrimina
odio malattie ed ingiustizie verso inermi
odio tutto quello che porta distruzione
che annienta cultura ed intelligenza).
Presenza che si fa domanda
se tutto questo e per tutto questo
ha colpa il Caso
e l’origine del caos ha poi portato ordine.
Un ordine imperfetto di colori e varietà di bellezze struggenti
sconfitte con puntuale precisione dai terribili bubboni del male
per cadenzato tragico epilogo.
Forse partendo da quest’ordine disordine geniale e impietoso
provo e riprovo a cercare tracce di chi lo ha voluto
tracce di chi lo ha generato
non per il beneficio di altri
ma solo per una manifesta esigenza dell’essere
presenza, dell’essere invocato e temuto
dell’essere per tutti presenza assenza
anche per chi non crede
Essere e quindi verbo
Dio
o tracce espanse di Esso.
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