Ho sognato
da tanto non lo facevo più
che correvo verso l’alba
sul viale di gelsomini e buganvillee
correvo
ed era notte ancora
appena prima della vigilia di un giorno
differente
e non più indifferente
dell’eterno trascorso di refrain
Agitata e per contro serena
Andavo avanti in uno stato di ebbrezza astemio
eppur avvolgente e frizzante
Ad anticipare l’alba
il terrazzo astrale si scostava per gradi
lasciandomi deliziare dai colori dell’immaginifico
mentre una spicciolata di passeri
frignava sulla siepe nera
come imperfetta ringhiera
iridescente di rosso e di smeraldo
mentre ancora stentava il sole
Un gatto assonnato
stirando il pelo fulvo
mi lanciò un’occhiata
poi m’ignorò e fiutò l’aria
come se di me poco importasse
Né si scompose al motore
che sempre più vicino
quasi a scortarmi a passo d’uomo
giungeva e strombazzava un clacson allegro
che pareva di campana
Non sapevo se correre e aver paura
Nessuno oltre me, l’alba, il gatto
e un apecar color arancio
con dentro il sorriso
quel sorriso
il solo che
desiderassi incontrare
Le sei e trentasei
l’alba era piena
e sotto il letto il cellulare mi si illuminava
sette messaggi
due telefonate perse
e un cuore
Leggere non era possibile
avevo gli occhi in panne
forse come l’apecar … chissà
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