Come il profumo delle caldarroste
portato da una gelata di vento dell’est
erano i brividi
gli sguardi
che rigavano respiri sulle finestrelle
della serra, dove entrava fin dal mattino
sorridente e complessa donna in fuga da se stessa
da sempre e come sempre distaccata
dal resto del mondo
vaga e paga dei suoi pensieri
liberi come pioggia di bouganville a primavera
Discorsi intrinsechi e pieni del dubbio
che attanaglia e si perde in una ruga di domanda
Forse troppo grande per gli stupidi entusiasmi
che coloravano il viso
ad ogni nuovo sguardo di assenso
ad ogni abbozzo di consenziente abbandono
Rifare il look non era il suo stile
e lasciarsi trasportare in un delirio di persone
affaticate dalla spesa settimanale
fin anche troppo banale
Sapeva accettare la vita
la sapeva aspettare
per vederla nascere in ogni angolo del suo giardino
dopo aver riposto un fiore
una spezia, un rametto, trapiantato nella mente
e ribattezzato con un nome inventato
Un mondo da coccolare
per poi goderne e spiare nascostamente
al riparo dalle iperbole dell’insuccesso
o dal successo, una piccola parentesi
di serenità spicciola
piccola, vera, sua e sua solamente
oasi dell’inverno o nell’inferno della vita
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