Roteava la catenina
sul vestito nuovo
aspettando quel treno
per l’attesa più estemporanea di sempre.
Premeva il minuscolo pendente sul petto
nel punto in cui il cuore
scandendo il ritmo dell’ansia
s’appuntava sulla pelle
il quarto di luna
come souvenir annotato sottocute
nell’attesa di una meta fuori orario.
Le persone attorno
non sembravano del suo stesso umore
piene di certezze
consapevoli del dove e del come
perfino del perché
dilemma che affligge i più.
(i più incerti
più sfigati
quelli che non sanno mai
veramente fin in fondo
cosa valga la pena vivere)
Non quel giorno però.
Il passo deciso e lo sguardo sicuro
per una rapida lettura del ticket
e l’ostentata inflessibilità
di chi ha il domani bello e confezionato
con carta patinata e fiocco in pendant.
Nessun imprevisto si sarebbe interposto
alla repentina attesa fuori campo
neppure quando, come nube oscurata dal sole
larghe spalle le oscuravano il visuale
l’alito pesante
la pancia protundente di qualche centimetro
lasciava trapassare il ghigno supponente e fiero
di capo tribù che la fissava da qualche secondo.
Ma non poteva farle paura, non ora.
Un rassicurante sorriso amico
da lontano la confortava
e piano prendeva coraggio
e si scansava come attratta
verso la linea blu
che separa dal binario
delimitando il pericolo.
Pochi istanti la separavano da quel viaggio
atteso come pioggia in estate
quando attorno ai prati
il flusso rigenerante
s’ appiccica all’asfalto secco
e lo profuma di liquirizia.
Aspettava come chi attende alle feste comandate
per mettersi le membra a riposo
sul divano più comodo di casa
o per fare in quel tempo a perdere
tutte le mille cose immaginate
anelate e indicibili.
Trattenne il respiro
e lo sentì giungere
col fischio
una lunga frenata e poi la corsa
sfrenata e inarrivabile
verso il mare
oltre i pensieri
finalmente nel sogno più remoto
che la lunga macchina ferrosa
rendeva reale
come possibilissimo miracolo umano.
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